Parlo spesso dell’etica che dovrebbe caratterizzare il lavoro di ogni libero professionista, in particolare del mio settore, dove non essendoci ancora ordini o albi, né esami di stato a determinare la qualità del nostro operato, è più facile che ci siano mancanze o che qualcuno si improvvisi terapista dell’ultima ora.
In questo post vorrei invece scrivere a proposito di ciò che significa essere dall’altra parte, essere cliente. Mi è capitato recentemente di avere un’esperienza da questa prospettiva e sono rimasta piuttosto colpita da quello che ho imparato. Sono stata a consultare un professionista ed è stato interessante osservare le varie dinamiche che regolano i rapporti paziente – medico, cliente – terapista. Quando ci si mette nelle mani di un professionista della salute si torna di nuovo come bambini piccoli, ci si sente impotenti e si crede che solo essi abbiano la soluzione a tutti i nostri problemi. Ci affidiamo totalmente, aspettandoci qualcosa di rivoluzionario e quando non succede diamo la responsabilità al professionista che non è abbastanza bravo, abbastanza preparato, abbastanza esperto. Allora cerchiamo il luminare, o il guru, l’unico che può guarirci davvero. E il rispetto, la puntualità, il valore che diamo alla terapia e alla persona è spesso relativo al nome, alla fama, al successo del professionista e non a quello che abbiamo sperimentato noi nella nostra esperienza personale. Oppure siamo contenti solo se ci viene dato come rimedio qualcosa di facile come una scatola di pastiglie o qualche goccia da prendere a colazione, pranzo e cena, mentre se la soluzione prevede di riposarci, di fare movimento oppure di bere più acqua – cose previste dalla nostra normale manutenzione del corpo e del suo equilibrio – allora diventa proprio difficile e alzando gli occhi al cielo pensiamo alla prossima mossa.
C’è sicuramente una distinzione da fare tra l’ambito medico e quello olistico, dove spesso i trattamenti sono visti come di piacere o come l’ultima spiaggia per risolvere quel conflitto a cui proprio una soluzione non si trova. C’è purtroppo ancora molta confusione su quando e a chi rivolgersi, su che tipo di percorso terapeutico o figura scegliere, oltre al fatto che è ancora tabu esplorare la propria mente e le proprie emozioni. Parte della responsabilità di essere un cliente-paziente comprende l’informarsi, il sapere scegliere senza affidarsi ciecamente a chi capita per poi rimanerne deluso. Come ci sono molti professionisti seri ci sono in giro altrettanti ciarlatani ben intenzionati che però si occupano molto più delle loro tasche che del vostro reale benessere.
Essere cliente-paziente significa essere presenti a se stessi, accettare sì di essere accompagnati e di affidarsi per un momento a qualcun’altro, senza dimenticarsi che il professionista di qualunque settore è lì per voi e che comunque la responsabilità della vostra salute è nelle vostre mani. Se pensate che la guarigione arrivi da chi vi cura state prendendo un grosso abbaglio. La vera guarigione nasce da voi stessi e solo lì, nel vostro profondo, potete sapere se e quando siete pronti a cambiare, a mollare le resistenze che vi tengono prigionieri e stare meglio. Noi, gli operatori del benessere, medici compresi, siamo qui solo a farvi da specchio e a mostrarvi parti di voi che ancora non riuscite a vedere. E quando il cambiamento succede, piccolo o grande che sia, allora è un successo da entrambe le parti, ma sopratutto è qualcosa dentro di voi che ha deciso di lasciarsi andare e di rigenerarsi. Riuscire a notarlo e a prendersene il merito è il vero miracolo.
ph Ansel Adams